Sin dal 1700, il dott. Ramazzini si accorse dell’ “irritazione” orale ed oculare dovuta all’ esposizione alle polveri della segatura, e “dell’odore acuto” emanato dal legno di cipresso, che provocava un ”qualche mal di testa”.

Le prime osservazioni sistematiche di patologia nei lavoratori del legno risalgono alla fine del secolo scorso, principalmente nei lavoratori dei cantieri navali; tali patologie si sono moltiplicate soprattutto dopo l’ultimo conflitto mondiale, con l’introduzione della lavorazione di legni esotici.

Negli ultimi 20 anni, la letteratura si è arricchita di importanti contributi sui rischi e sulle tecnopatie dei lavoratori del legno, utili anche a fini preventivi.

Non è stato facile ammettere che la lavorazione di un materiale così naturale e vicino all’esperienza quotidiana come il legno possa produrre danni alla salute.

Infatti, solo a partire dalla seconda metà degli anni 60 fu evidenziato il rischio di tumori dei seni paranasali, attribuito ora ad essenze legnose, ora a composti chimici legati alla preservazione ed alla lavorazione del legno.
Nel 1987 l’Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro dichiarava che vi era sufficiente evidenza di cancerogenicità per le mansioni di costruttore di mobili, mentre l’evidenza era limitata per le mansioni di carpenteria e falegnameria.
In seguito, nel 1995, la IARC ha rivisitato gli studi sull’argomento e ha definito le polveri di legno cancerogene per l’uomo, collocandole nel gruppo 1 della sua classificazione.
Questa valutazione nasce dall’osservazione di un marcato aumento dell’occorrenza di tumori dei seni nasali e paranasali nei lavoratori esposti a polveri di legno duro, anche se non esistono evidenze di cancerogenicità nell’animale da esperimento.

L’evidenza di cancerogenicità è dunque solo epidemiologica e non è presente un animale da esperimento sul quale poter studiare l’agente eziologico e il meccanismo patogenetico di sviluppo del tumore nasale.
Pertanto l’associazione tra polveri di legno e altri tipi di tumore non è chiara e la commissione che ha analizzato gli studi fatti, dichiara che non si possono imputare al legno i tumori a carico di apparato linfatico ed emopoietico, tratto gastrointestinale, cute e apparato respiratorio (escluse le cavità nasali).

Nell’anno 1999, la UE in sede di pubblicazione della Direttiva 1999/38 del 29 aprile ha , tuttavia, determinato la necessità di proteggere efficacemente i lavoratori dal rischio di sviluppare il cancro a seguito dell’esposizione professionale alle polveri di legno duro.
Facendo riferimento all’elenco IARC (Allegato 1), è stato fissato il valore limite di esposizioni alle polveri di legno a 5 mg/m3 (frazione inalabile misurata o calcolata, per un periodo di riferimento di 8 ore) da adottare anche in presenza di qualsiasi miscela di polveri di legno contenenti anche legno duro.
Il D.Lgs. 81/08 riprende la Direttiva U.E. 4/37 e inserisce l’esposizione a polveri di legno duro nei cancerogeni dell’Allegato XLII : elenco di sostanze, preparati e processi che rientrano nella definizione di agente cancerogeno fissata dall’art. 234 del D.Lgs.81/08.

Il legno può essere classificato in 2 ampie famiglie:
• legno duro
• legno tenero.
La classificazione è di tipo botanico e dipende dalla struttura delle cellule nelle specie legnose e non si riferisce alle proprietà fisiche del legno.


LEGNI DURI

Gruppo 1/IARC: la lavorazione di questi legni comporta esposizioni che sono cancerogene per
l’uomo.
GENERE E SPECIE NOME COMUNE INGLESE NOME COMUNE ITALIANO
Acer Maple Acero
Alnus Alder Ontano
Betula Birch Betulla
Carya Hickory Noce americano
Carpinus Hornbeam, white beech Carpino
Castanea Chestnut Castagno
Fagus Beech Faggio
Fraxinus Ash Frassino
Juglans Walnut Noce
Platanus Sycamore Sicomoro (platano d’America o acero-fico)
Populus Aspen, Popolar Pioppo tremulo
Prunus Cherry Ciliegio
Quercus Oak Quercia
Salix Willow Salice
Tilia Lime,Basswood Tiglio
Ulmus Elm Olmo


LEGNI DURI TROPICALI

Gruppo 1/IARC: la lavorazione di questi legni comporta esposizioni che sono cancerogene per
l’uomo.
Agathis austarlis Kauri pine Abete kauri
Chlorophora excelsa Iroko Iroko (Kambala, Odum)
Dacrydium cupressinum Rimu, red pine Rimu
Dalbergia Palisander Palissandro
Dalbergia nigra Brazilian rosewood Palissandro brasiliano
Diospyros Ebony Ebano
Khaya African mahogany Mogano africano
Mansonia Mansonia, betè Mansonia
Ochroma Balsa Balsa
Palaquium hexandrum Nyatoh Nyatoh
Pericopsia elata Afrormosia Afrormosia
Shorea Marauti Meranti “lamellare”
Tectona grandis Teak Tek
Terminalia superba Limba, afara Frakè bianco
Triplochiton scleroxylon Obeche Ayous

Le essenze tropicali sono in genere quelle più ricche di estratti (fenoli, terpeni, alcaloidi, cumarine, glucosidi, saponine), che sono generalmente considerati la causa della tossicità delle polveri dei legni.


LEGNI TENERI

Possono causare effetti irritanti e sensibilizzanti. Non è certa però la loro cancerogenicità.
Abies Fir Abete
Chamaecyparis Cedar Cedro
Cupressum Cypress Cipresso
Larix Larch Larice
Picea Spruce Abete rosso
Pinus Pine Pino
Pseudotsuga menziesii Douglas fir Abete douglas
Sequoia sempervirens Redwood Sequoia
Thuya Thuya, arbor,vitae Tuia
Tsuga Hemloch Abete canadese

(Tratto da “IARC Monographs on the evaluation of carcinogenic risks to humans”
Volume 62 “Wood dust and formaldehyde” (1995).)


DATORE DI LAVORO E MEDICO COMPETENTE

Di fronte all’utilizzo di legno duro in un ciclo produttivo, il datore di lavoro e il medico competente hanno determinati obblighi.

In particolare il datore di lavoro (trattandosi un una sostanza presente nell’allegato XLII del D. Lgs. 81/08) deve applicare il principio della minimizzazione del rischio, se ciò è tecnicamente possibile,:

evitando o riducendo l’utilizzazione del cancerogeno (è opportuno precisare che nella direttiva europea, recepita dal D.Lgs. 66/00,si sottolinea la volontà di salvaguardare la salute dei lavoratori e non di eliminare il legno duro come materia prima da lavorare),
oppure provvedendo affinché l’utilizzazione del cancerogeno avvenga a ciclo chiuso,
oppure facendo in modo che il livello di esposizione sia ridotto al più basso valore possibile.

Il datore di lavoro deve effettuare l’analisi del rischio di esposizione al cancerogeno e metterla per iscritto nel Documento di Valutazione del Rischio, in cui dovranno essere precisate le attività che ne comportano l’esposizione, i quantitativi di cancerogeno utilizzati, il numero di lavoratori esposti , il grado di esposizione, le misure preventive e protettive applicate e i DPI utilizzati.
Tale analisi va effettuata almeno ogni tre anni e/o ogni qualvolta vengano apportate modifiche significative al ciclo produttivo.
Inoltre, il datore di lavoro deve tenere sotto controllo l’esposizione e deve formare e tenere informato il lavoratore.

Il medico competente deve tenere il registro di esposizione e istituire una cartella sanitaria e di rischio per ciascun lavoratore esposto (art.6, D.Lgs 66/00).

Per quanto riguarda la valutazione del rischio di esposizione a polveri di legno duro, la legge indica solo la necessità di misurare la polverosità, ma non suggerisce nessuna metodologia di campionamento. Infatti secondo il D.Lgs. 66/00, la polvere di legno duro fa parte della frazione inalabile e il campionamento deve essere rappresentativo dell’esposizione personale media del lavoratore durante una giornata lavorativa.
In Italia la normativa fissa il limite di esposizione in 5 mg/m3 ; se le polveri di legno duro sono mescolate ad altre polveri di legno, il limite si applica a tutta la miscela.
Purtroppo tale limite coincide con quello della polvere respirabile, anche se sarebbe stato forse più opportuno fissare, come hanno fatto altri paesi , un valore più basso a scopo precauzionale dato che siamo di fronte ad un presunto cancerogeno.

Infatti in altri paesi europei la norma è stata recepita in modo diverso, e altre nazioni hanno adottato limiti più restrittivi: la Germania 2mg/ m3 , la Francia 1mg/ m3, gli USA 1mg/ m3.

Comunque sia, è’ sempre importante ricordare che, ove siano presenti agenti cancerogeni, non è abbastanza rispettare il limite imposto dalla normativa ma è bene tenere conto che il D.Lgs 81/08 “OBBLIGA AD ADOTTARE OGNI PROVVIDIMENTO PER RIDURRE L’ESPOSIZIONE DEI LAVORATORI AL PIU’ BASSO LIVELLO TECNICAMENTE POSSIBILE”.

A questo proposito è bene cercare di creare un ambiente produttivo dove le aspirazioni localizzate siano efficienti e garantiscano l’evacuazione delle polveri di legno, studiando aspirazioni ben disegnate che risultino all’avanguardia e che siano monitorate da personale competente, con valutazioni tecnico impiantistiche mirate.
Inoltre adottando misure di prevenzione e protezione in accordo tra il DL e il Servizio di Prevenzione e Protezione e concependo con un medico attento e scrupoloso dei protocolli sanitari adeguati e indagini ambientali mirate alla corretta valutazione delle polveri negli ambienti di lavoro, questo inquinante può essere limitato e tenuto sotto controllo.